Tante abitudini dell'uomo vengono spacciate per estensioni del suo istinto di sopravvivenza. Pulsione che spesso sconfina nell'ovvia e scarsamente mediata ricerca del piacere. Per il vero molti suoi comportamenti appaiono pustole di una inarrivabile arroganza. Confinato su un piccolo, irrilevante pianeta e in vista del proprio destino, assai prossimo a quello di un sasso, l'uomo ama immaginarsi al centro del mondo e così giustifica con se stesso il fatto di esserne il peggiore parassita conosciuto.

mercoledì 25 gennaio 2012

poesie di pipistro (1)


(giovedì, 07 ottobre 2004)


Una sera di settembre

con le treccine al vento
corre la principessa
dal mesto pipistrello

Si ferma sul sentiero
e affronta lo sgomento
dettato dal suo aspetto

Poi lesta gli confessa
che anche nel suo castello
non è tutto perfetto

E il suo animo è stretto
fra tante belle cose
e pensieri più oscuri

Sta in un letto di rose
ma ha voglia di fuggire
e intorno ha solo muri

Basta un cenno d’intesa
e sopra i cieli puri
volano nella notte
sulle ali membranose

Vedono tante cose
poi giunti sino al mare
navigano altre rotte

E poi giù negli abissi
e in quel che vi si cela
e poi più nulla

Rimangono nel sogno
il topo con le ali
e la fanciulla







Già che s'è fatto giorno
e giorno ancora addita
l'angoscia non sopita
di lambire
spiagge diverse
e da esse sfidare
le acque tetre d'altro mare
e accarezzare
dimensioni nuove
per trarne almeno
ruvide prove
di più vero essere.
Se neppure nel tempio
dei mercanti astuti
approdare più giova
e per esempio
a lottare si prova
a calci e sputi
e a cavalcare nuvole.
Se sordi e muti
si subisce il gioco.
Appare poco esistere.






Sì, mi sei complice
in tutto e nel nulla
compagna a percorrere
strade infinite
ma non per piangere
il male di vivere.
Sì, mi sei donna
oggi, sempre,
comunque donna,
forse amica.








(giovedì, 04 novembre 2004)



non pago di torride voglie
albergo di incubi e stolto
rimeditare vaghi rimpianti
un poco appresso a scaglie
amare di vorticose assenze
solitario per iniquo gioco
di fuoco arderà di essenze
di poco irrorerà quel poco
di sangue e rosa di piombo
purchè rechi vero sollievo
quasi fosse sorella
sincera nera notte
austera amica
e attendo






notte amara
e l'augurio sapiente
che di eterno
(per poche ore o per sempre)
resti almeno il presente
e il tributo insolente
alla luce discreta di una luna amica
notte amare e paura
che anche questo sia un prestito
a usura






(venerdì, 05 novembre 2004)



si è dipinto il ricordo per coprirne il dolore
seguendo l’abitudine finchè ci ha retto il cuore
giocando sulla vita in una corsa col sole
vivendo la solitudine come se fosse amore


e nel sentir le lacrime diffondersi sul viso
se ne son letti i segni per vincere un sorriso
mentendo per celare cronache di rimpianti
donandone caparbi più dei lamenti i canti


sentimenti a buon mercato o emozioni da poco
passioni da novella per far la vita un gioco
amori raccattati per mascherar d’amore
affetti costruiti per lenire il dolore


mentre con pari impegno s’è nascosto il bisogno
di lasciare l’effimero per raggiungere un sogno
di sfidare sereni del mondo l’incertezza
temendo più del pugno subdola la carezza


pochi tratti sicuri e nel tessere l’ordito
che or ora cominciato ci sembra già finito
non resta che grigiore impietoso di capelli
e sterile rimpianto di momenti più belli


or che con gran languore si guarda ad un passato
che sempre e solo ambasce dal tempo ha riportato
vediamo ancora fulgidi i momenti più neri
quando in vicoli tetri ci strinsero i pensieri


è forse perché il fine infine è cambiamento
in male o in bene in fine non reca quasi senso
abbiam visto che certo non mutò il sentimento
dacchè solo la quiete portò il vero tormento


e viaggiamo sicuri di raggiungere il cielo
quando non siam che polvere di povero pensiero
guardiamo all’universo come fosse uno scrigno
di umane vanità protette poi da un dio benigno


pulviscolo di massa energia e pensieri vani
adagiati a sorbire noi stessi sui divani
di un salotto virtuale tra futili discorsi
finchè poi della pena altrui vediam che i versi


non marcano gran traccia nei nostri animi persi
in percorsi assai più agili inutili o perversi
se andiamo a realizzare che della fame i morsi
in fondo a noi non lasciano che labili rimorsi


pronti a rendere omaggio al più bieco egoismo
allorchè del benessere ci vien negato il cosmo
lasciamo allor che il male ci pervada e trionfi
se della morte al dunque sentiamo i passi e gonfi


di fragile sgomento rechiamoci al giudizio
di un dio buono o malvagio o comunque del tizio
che ci impose di esistere rifuggendo per ozio
il piacere di vivere come se fosse un vizio


e quando a raccontar si siede non troppo lieti
di mostrare d’allora più che gli eccessi i veti
di quel furore d’essere il torrente riposa
al giorno segue tiepida una notte pietosa







(sabato, 06 novembre 2004)



a mezzo tra sirena
e principessa
tenera amante
di tenebra nutrita
hai spartito col mare
la tua vita
hai spartito col vento
il tuo languore
e quello torna
quando il sole muore
ti porta i baci caldi
e sulla pelle
e sulle labbra lascia
il suo sapore
mentre tante parole
perse nella risacca
in un solo respiro
tornano al mare







che vale riavere amore per sorte
di una vita che più spesso è morte
se il calore del fuoco scappato
a un tramonto distante e svogliato
sovente si spegne nel vuoto
e supino si lega al passato?
se tutto si stempera in acqua stagnante
di più vaghe e solubili tinte
acquerelli di un dio ridondante
grondanti di miti di angeli spenti
intenti a lottare un demonio incombente
ma non a spiegare il concreto presente?
se la notte è turbata e corrotta
e l'aurora è una strada sbarrata
angustiata e svilita e pesante
dell'ansia di avere e cogliere il volo
dell'essere e amare e riamare e morire
da solo da sempre ma senza capire?
basta allora mi fermo
e respiro un ricordo che è solo un inferno
di puro sentire
di mani che vogliono dire
di corpi avvinghiati al rumore del mare







(domenica, 07 novembre 2004)



ridendo forte
di pagliacci e di mostri
siamo stati la corte
e con la sorte
dei fatti nostri
fatto i nostri dei


ci hanno voluto rei
di mali innati
eredi designati
di assurdi
incomprensibili
peccati


e pure poco scaltri
se ribelli alla via
segnata d'altri
ignoti profeti


qualcuno ha detto
all'improvviso poi
che andava reso tutto
e innanzi a tutto noi


trascorsa che n'è tanta
d'acqua e di vita
se questa non disseta
e l'ultima è appassita


infine ora nel fango
con la morte
vogliono farci danzare
un inutile tango


restiamo fermi
e non ostacoliamo
il compito dei vermi





POSTUMI

Parlottando mezzo svegli ma propensi a dire il vero
Del destino universale siam costretti a pensar nero
Quindi oplà ci si rimpinza di liquori e di dolciumi
Per sentire fin al cuore il glucosio andare a fiumi


Delle nostre grasse arterie non si deve più parlare
Trigliceridi ed infarti non vorranno qui angustiare
Se poi il fegato nel mezzo ci darà qualche problema
Noi diremo baldanzosi che è un tedioso e vieto tema


E' silenzio e sul mare si stempera un sole incolore
Che accheta chi impazza e consola chi ebbe a pagare
Ragione a qualcuno che impose il suo punto di vista
Asserendo che il mondo rotondo non è che una svista


E' infatti questione accertata e con logica intatta
Che almeno la terra per quanto si guardi sta piatta
E solo i vani discorsi d'oscuri siddetti scienziati
Han potuto insinuar sconvenienti e ingannevoli dati


Inoltre è cosa saputa che certo l'ecclesia non erra
E disse che il mondo s'accalca d'intorno alla terra
E Tolomeo dimostrò che a volte la scienza è molesta
Provando, da sbronzo, che tutto ruotava ... intorno 
alla testa




(martedì, 09 novembre 2004)



corri così svogliato
fingendo di inseguire
quello che non è dato
a una fiaba fasulla
di passato in passato
ripercorrendo il nulla
per liberare il cuore
giocando in poche dita
di liquore
la vita
corri così per poco
alle regole ligio
ti fai parte del gioco
e attendi
vile timido o fiero
un giorno senza grigio
un giorno vero
un giorno senza attesa
né rimpianto
il bianco o il nero






agitando un fantasma
una parvenza
un tempio
nel tempo grigio e immoto
apparecchiando
di bello aspetto il vuoto
e di leggiadri orpelli
i paramenti
i buoni i brutti e i belli
e i giorni inconcludenti
quasi ninfe pettute
si rifanno la faccia
talvolta è maremoto
qualche volta bonaccia






(mercoledì, 10 novembre 2004)

POSTUMI 2

senza pensar più appresso del poco che s'è avuto
d'esser solo farina d'ossa di un pianeta battuto
senza innalzar più adesso fra mille e mille voti
un altare e una rosa rossa ad enti vani e ignoti


volgendo sguardi indietro ad un fresco rimpianto
verso un lamento appassito ed un grumo d'incanto
a un cuore lindo di vetro rassegnando altre lodi
a quanto è rimasto un rito di pane vino e chiodi


e incedere a tutto avanti e che la cervice aiuti
con radi e stentorei passi sotto pensieri arguti
appoggiando su vani santi quel che avanza di noi
dei gravi scrupoli i massi in brani sparsi e poi


per non riveder più oltre l'anima fatta acquetta
dei più stolidi spettatori del ridere ch'alletta
sepolti da una ria coltre di assorbenti certezze
delle miserie roride d'ori d'avide false carezze


andiamo e che iddio ci lasci in pezzetti di pane
l'essere ed anche vivere le nostre spoglie umane
andiamo perchè nessuno s'abbia più avanti a dire
che ci siamo arresi al niente lasciandoci morire





(venerdì, 12 novembre 2004)


se fosse facile 
ripercorrere agile 
vie già percorse 
di quasi e forse 
se fosse semplice 
non essere complice 
di un effimero fare 
per dimostrare d'essere 
potresti tessere 
di puro vivere trame più umili 
trasparenze impalpabili 
ragnatele distese 
fra mondi improbabili 
approdandovi senza maniere 
fra mille chimere 
risibili forse 
ma vere






stasera è così 
senza senso 
nel nulla 
in bilico 
in alcool etilico 
fra trame invitanti 
di linde sottane 
di niente 
di odori 
e di sensi 
è la storia irreale 
di eteree fanciulle 
di grandi puttane 
in un mondo di fate 
di orrori e risate 
di maschere e sangue 
un minuto di gioco 
di acqua e di fuoco 
di vaghi ricordi 
e vani pensieri 
di oggi e di ieri











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